#014 - Venerdì 7 GENNAIO 2022
La Chiesa e i vaccini, la 30.ma Giornata Mondiale del Malato, Ecumenismo
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Il 29/12/2021 la Commissione vaticana per il COVID-191 e la Pontificia Accademia per la Vita hanno diffuso un documento congiunto “Vaccino per tutti. 20 punti per un mondo più giusto e sano “ che conferma la responsabilità morale dell'assunzione dei vaccini COVID-19. Questo documento ha ripreso quanto indicato nella Nota sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19, rilasciata il 21 dicembre dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Nella nota si affermava, tra le altre cose, che “c'è una responsabilità morale nell'accettare il vaccino, non solo per la salute personale individuale, ma per proteggere la salute di tutti. La Commissione vaticana per il COVID-19 e la Pontificia Accademia della Vita ricordano ai leader mondiali che i vaccini sono stati sviluppati come un bene pubblico e devono essere forniti a tutti in modo giusto ed equo, dando priorità a coloro che ne hanno più bisogno. Il documento invita i leader mondiali a resistere alla tentazione di partecipare al "nazionalismo dei vaccini", esortando gli Stati nazionali e le imprese a cooperare - e non a competere - tra loro.” 2
Identico pensiero era stato espresso dal Santo Padre pochi giorni prima, in occasione della presentazione delle Lettere di accredito di alcuni Ambasciatori Straordinari e Plenipotenziari presso la Santa Sede in cui aveva dichiarato :
…..vediamo come il COVID-19 stia ancora causando dolore e sofferenza, per non parlare della perdita di vite umane. È importante che la comunità internazionale intensifichi gli sforzi di cooperazione affinché tutte le persone abbiano un accesso rapido ai vaccini. Non è una questione di convenienza o di cortesia, ma di giustizia.
La realtà della pandemia in corso ci ricorda ancora una volta che siamo «una comunità globale dove i problemi di una persona sono i problemi di tutti» (Lett. enc. Fratelli tutti, 32). Nonostante i progressi medici e tecnologici nel corso degli anni, qualcosa di microscopico - un oggetto apparentemente insignificante – ha cambiato per sempre il nostro mondo, che ce ne rendiamo conto o no. Come ho avuto modo di osservare all’inizio della pandemia, è urgente imparare da questa esperienza e aprire gli occhi per vedere ciò che è più importante: gli uni con gli altri (cfr Momento straordinario di preghiera, 27 marzo 2020). In particolare, è mia sincera speranza che attraverso questa esperienza la comunità internazionale arrivi a una maggiore consapevolezza del fatto che siamo una sola famiglia umana; ognuno di noi è responsabile dei propri fratelli e sorelle, nessuno escluso. Questa è una verità che dovrebbe spingerci ad affrontare non solo l’attuale crisi sanitaria, ma tutti i problemi che affliggono l’umanità e la nostra casa comune – povertà, emigrazione, terrorismo, cambiamento climatico, per citarne alcuni – in maniera solidale e non isolata.
Mentre la pandemia ha tirato fuori il meglio dell’umanità in termini di atti individuali e collettivi di generosità, servizio e sacrificio, molto di più deve essere fatto a livello istituzionale e intergovernativo per promuovere una “cultura dell’incontro” al servizio del bene comune della nostra famiglia umana……
Ancora una volta quindi la Chiesa si è espressa, senza riserve e tentennamenti, a favore di politiche globali più eque, volte a contrastare il fenomeno della cosiddetta apartheid vaccinale (come definita da Nicoletta Dentico, direttrice del programma di salute globale della Society for International Development).
Lo aveva fatto anche nei mesi precedenti, con due diversi appelli del Papa:
Videomessaggio del Santo Padre in occasione del IV Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari (EMMP), 16/10/2021, dove, con vigore aveva chiesto “…Ai grandi laboratori, che liberalizzino i brevetti. Compiano un gesto di umanità e permettano che ogni Paese, ogni popolo, ogni essere umano, abbia accesso al vaccino. Ci sono Paesi in cui solo il tre, il quattro per cento degli abitanti è stato vaccinato.”
Per approfondire ulteriormente questa tematica si può fare riferimento all’articolo PAPA FRANCESCO, I VACCINI E LA SALUTE GLOBALE, di Andrea Vicini, apparso sul numero 4115 della rivista “La Civiltà Cattolica” del 4/12 /2021.
Per celebrare la XXX Giornata Mondiale del Malato (11 febbraio 2022), il 10 dicembre 2021 il Santo Padre ha inviato un Messaggio a tutta la Chiesa.
La Giornata Mondiale del Malato è stata celebrata per la prima volta nel 1992 ed è stata istituita dal Papa Giovanni Paolo II come «occasione per crescere nell’atteggiamento di ascolto, di riflessione e di impegno fattivo di fronte al grande mistero del dolore e della malattia»3 L'11 febbraio è anche la festa cattolica di Nostra Signora di Lourdes, nome dato alla Vergine Maria in onore delle apparizioni avvenute intorno a Lourdes, in Francia.
Misericordia, amore, cura e consolazione sono le parole che guidano il Messaggio di Papa Francesco per questa 30.ma Giornata Mondiale del Malato che avrà come tema “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso (Lc 6,36). Porsi accanto a chi soffre in un cammino di carità”.
Per approfondire:
Il Papa agli operatori sanitari: curate e consolate con scienza e compassione
Giornata del malato, tenere insieme misericordia e medicina : intervista a fra Andrea Dovio, francescano e medico a commento del messaggio del Santo Padre.
Commento teologico-pastorale sulla 30.ma Giornata Mondiale del Malato predisposto dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute.
L’evento della Giornata Mondiale del Malato è organizzata dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute, l’organismo istituito dal Consiglio Episcopale Permanente nel settembre 1996, cui è demandata, a livello nazionale, la cura della Pastorale della Salute. Ad esso fanno capo i referenti territoriali per regione e per diocesi.
Il 17 gennaio 2022 si celebrerà la 33ª Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. In quest’occasione la Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo ha pubblicato a fine novembre un messaggio dal titolo: “Realizzerò la mia buona promessa” (Ger 29, 10):
La Giornata del 17 gennaio per i cristiani è un’importante occasione per curare il rispetto, il dialogo e la conoscenza della tradizione ebraica. Purtroppo in questo tempo assistiamo a deprecabili manifestazioni di cancellazione della memoria e di odio contro gli ebrei. La Giornata è una significativa opportunità per sottolineare il vincolo particolare che lega Chiesa e Israele (NA 4) e per guardare alle comunità ebraiche attuali con la certezza che «Dio continua ad operare nel popolo dell’Antica Alleanza e fa nascere tesori di saggezza che scaturiscono dal suo incontro con la Parola divina» (EG 249).
Negli ultimi anni i temi del dialogo sono stati dedicati alle Dieci parole e alle Meghilloth; ora, alla luce della pandemia e delle sue conseguenze, desideriamo intraprendere un cammino sulla Profezia. Proponiamo la lettura di un passo del profeta Geremia che ci pare particolarmente in sintonia con il tempo complesso che stiamo attraversando. Si tratta de “La lettera agli esiliati” (Ger 29,1-23).
In questa lettera Geremia reinterpreta l’esilio vissuto dal popolo quasi si trattasse di un «nuovo esodo»: Israele si trova in mezzo ai pagani, ben distante dalla «terra della promessa», senza il tempio, eppure proprio in quella situazione drammatica ritrova il senso autentico della propria vocazione. Moltiplicarsi in quella terra, «mettere radici», favorire la pace e la prosperità di tutti, ripartire dalle cose fondamentali e semplici della vita (lavoro, relazioni, casa, famiglia…): ecco la chiamata che Dio affida ai suoi. Alle indicazioni su come vivere il tempo dell’esilio è legata una promessa per il futuro: chi sceglie di conservare tutto e resta attaccato a un passato glorioso, rischia di perdere anche se stesso, mentre chi è disponibile ad abbandonare ogni falsa sicurezza riavrà i suoi giorni. A nulla serve l’illusione di poter riprendere in fretta le consuetudini amate, di fare in modo che tutto “sia come prima”.
La comunità in esilio aveva una duplice tentazione: perdere ogni speranza e costruire una comunità chiusa, distaccata e ripiegata su se stessa. Nella pandemia, come credenti, abbiamo avuto le stesse tentazioni: perdere la speranza e chiuderci in comunità sempre più autoreferenziali. Le stesse tentazioni le proviamo di fronte alla situazione di esculturazione del fenomeno religioso (o, per lo meno, del cristianesimo): rischiamo di perdere la speranza e di creare comunità sempre più chiuse in se stesse. Geremia ci invita a “stare positivamente dentro la realtà”, a mettere radici e a starci in modo “generativo”. Ecco la sfida per le religioni: uscire dal rischio della “depressione” e dell’autoreferenzialità difensiva per essere generative, capaci di lavorare per la costruzione della società e generare speranza. Come cristiani e come ebrei possiamo aiutarci ad affrontare tale sfida, perché la Promessa resta costante nella storia. Il Signore lavora per “rigenerare”, per “far ricominciare”. Egli è fedele e non abbandona il suo popolo. Ogni crisi è una buona occasione, un tempo favorevole da “non sprecare”: essere seminatori di speranza. Gli esiliati si danno da fare per il paese, lavorano, investono energie per la terra, persino pregano il Signore per il benessere di quel paese. Questo ci ricorda che “colui che viene da fuori”, l’ospite e lo straniero, è una risorsa per il paese; che lo straniero è una benedizione e che l’ospitalità, così centrale nelle tradizioni ebraica e cristiana, può essere lo “stile” con cui oggi i credenti stanno nella storia e animano la società.
La lettera di Geremia è dunque un testo che, letto a due voci in questa giornata, può aiutarci a collocare la nostra esperienza di fede nell’odierna stagione di “cambiamento d’epoca”. I temi della “ricostruzione”, della speranza, del dialogo con le realtà che ci circondano, il confronto con l’altro (anche con lo “straniero”), possono fornire spunti importanti rispetto al modo di abitare la terra. Un’ottima occasione di confronto e di dialogo. A noi cristiani cattolici possono insegnare un vero stile sinodale.Ci rivolgiamo infine a voi, comunità ebraiche italiane, ringraziandovi per quanto rappresentate per noi, e chiedendovi di sentirvi partecipi di questo itinerario, nel quale – come ha affermato Papa Francesco – possiamo «aiutarci vicendevolmente a sviscerare le ricchezze della Parola, come pure condividere molte convinzioni etiche e la comune preoccupazione per la giustizia e lo sviluppo dei popoli» (EG 249).
Dal 18 al 25 gennaio 2022 si svolgerà l’edizione 2022 della “Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani “ che ha come tema «In oriente abbiamo visto apparire la sua stella e siamo venuti ad onorarlo» (Mt 2,1-12).
Per maggiori approfondimenti su questi due importanti appuntamenti si possono consultare :
Entrambi gli eventi sono organizzati dall’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, istituito agli inizi del 2008 dal Consiglio Episcopale Permanente allo scopo di dedicare un’attenzione ancora maggiore al confronto ecumenico e ai rapporti con le religioni non cristiane.
📚 da leggere Il testo dell’omelia che il Papa ha pronunciato dopo la proclamazione del Santo Vangelo nella Solennità dell’Epifania del Signore. Un’illuminante riflessione sul segreto della vita, in una società dove “ancora oggi, tanti Erode seminano morte e fanno strage di poveri e di innocenti, nell’indifferenza di molti”.
La Commissione vaticana COVID-19 è un'istituzione creata il 20 marzo 2020 dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, su mandato di Papa Francesco, per esprimere la sollecitudine della Chiesa di fronte alla pandemia di COVID-19 e proporre risposte per le sfide socio-economiche del futuro. L’organismo risponde direttamente al Santo Padre ed è stato diretto, sino al 31/12/21, dal cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, cui è succeduto, nella stessa posizione ad interim, dal 1/1/2022 il cardinale Michael Czerny.
cfr. Un approccio equo e giusto per i vaccini come un passo verso la guarigione del mondo dal sito della Pontificia Accademia per la Vita.
Giovanni Paolo II, Messaggio per la I Giornata Mondiale del Malato (21.10.1992).